Alpe Bedu - 1602 m

Progetto di rivalorizzazione

Storia

L’alpe della Bèdu (toponimo derivante da betulla) è ubicato sul territorio del vecchio comune di Cavergno (ora Cevio) ed è sicuramente uno fra gli alpeggi più miseri a livello di pascoli e di difficoltà d’accesso dell’intero arco alpino.

I primi documenti che ci permettono di capire come fosse possibile praticare la pastorizia risalgono al 1561, anno per il quale si permette agli alpeggi vicini di lasciar pascolare liberamente sul territorio della Bèdu i capretti nella stagione estiva e le bovine al di fuori. In seguito gli archivi non ci permettono di conoscere i dettagli dello sfruttamento dell’alpe, ma si sa per certo che fu caricato anche con bovine (2 o 3), capre (una cinquantina) e che l’ultimo alpatore fu Benedetto Balli nel 1870, fu quindi probabilmente il primo alpeggio abbandonato della Valle Bavona (il che è tutto dire…). Nei periodi di siccità l’erba tipica dei lariceti a foglie larghe e poco appetibile (soprattutto la “cannella delle abetine: Calamagrostis villosa”) veniva falciata e gettata a valle mediante reti di corda.

L’alpe si componeva di 3 corti con 2 tipi di stabili: la stalla per le bestie e la cascina minuta per il personale. Il corte di Fondo disponeva di una stalla ed una cascina, il corte di Mezzo di 2 stalle ed una cascina ed il corte di Cima aveva invece 2 stalle e 2 cascine (probabilmente ciò è dovuto allo sfruttamento da parte di 2 differenti famiglie: Scudellaro e Solarino). Il corte di fondo a 1350 m è totalmente crollato, il corte di mezzo a 1470 m dispone di una stalla ad una falda ma tutti e 3 gli edifici versano in pessime condizioni ed il corte di cima che si trova a 1600 m dispone invece di una cascina ancora in stato discreto e sarà l’oggetto di questo progetto.

Il corte di cima è l’unico corte che poteva vantare discreti pascoli, ora essi son ricoperti da una rigogliosa faggeta tagliata (solo in parte) attorno alla cascina da privati cacciatori. Interessante notare come il poggio del Corte di Corte di Cima faccia da limite fra il faggio (sotto) ed il larice al di sopra. Per disporre d’acqua vennero scavate delle grandi “pile” direttamente nelle rocce attigue, ora ricoperte da vegetazione (ma più nessuno sa l’ubicazione precisa). Come per gli altri alpeggi bavonesi, l’accesso avveniva tramite differenti vie: v’era la strada delle vacche, il sentiero per le genti e le capre ed inoltre varie scorciatoie, tutte queste vie son oggi difficilmente percorribili se non per escursionisti esperti ed abituati alla morfologia bavonese (quotazioni ufficiali dal T5 in su). I proprietari sono sempre stati privati, ed ora il corte di cima appartiene alla comunità ereditaria Dalessi- Dadò, che da noi contattata, si è dichiarata entusiasta del progetto.